Un’altra risorta
Solo, errando così come chi erra
senza meta, un po’ triste, a passi stanchi,
udivo un passo frettoloso ai fianchi;
poi l’ombra apparve, e la conobbi in terra…
Tremante a guisa d’uom ch’aspetta guerra,
mi volsi e vidi i suoi capelli: bianchi.
Ma fu l’incontro mesto, e non amaro.
Proseguimmo tra l’oro delle acace
del Valentino, camminando a paro.
Ella parlava, tenera, loquace,
del passato, di sé, della sua pace,
del futuro, di me, del giorno chiaro
«Che bel Novembre! È come una menzogna
primaverile! E lei, compagno inerte,
se ne va solo per le vie deserte,
col trasognato viso di chi sogna…
Fare bisogna. Vivere bisogna
la bella vita dalle mille offerte.»
«Le mille offerte… Oh! vana fantasia!
Solo in disparte dalla molta gente,
ritrovo i sogni e le mie fedi spente,
solo in disparte l’anima s’oblìa…
Vivo in campagna, con una prozia,
la madre inferma ed uno zio demente.
Sono felice. La mia vita è tanto
pari al mio sogno: il sogno che non varia:
vivere in una villa solitaria,
senza passato più, senza rimpianto:
appartenersi, meditare… Canto
l’esilio e la rinuncia volontaria.»
«Ah! lasci la rinuncia che non dico,
lasci l’esilio a me, lasci l’oblìo
a me che rassegnata già m’avvio
prigioniera del Tempo, del nemico…
Dove Lei sale c’è la luce, amico!
Dov’io scendo c’è l’ombra, amico mio!…»
Ed era lei che mi parlava, quella
che risorgeva dal passato eterno
sulle tiepide soglie dell’inverno?…
La quarantina la faceva bella,
diversamente bella: una sorella
buona, dall’occhio tenero materno.
Tacevo, preso dalla grazia immensa
di quel profilo forte che m’adesca;
tra il cupo argento della chioma densa
ella appariva giovenile e fresca
come una deità settecentesca…
«Amico neghittoso, a che mai pensa?»
«Penso al Petrarca che raggiunto fu
per via, da Laura, com’io son la Lei…»
Sorrise, rise discoprendo i bei
denti… «Che Laura in fior di gioventù!…
Irriverente!… Pensi invece ai miei
capelli grigi… Non mi tingo più.»