06 – ELEGIE DUINESI di R. M. Rilke, ELEGIA SESTA

Audiolibri in Italiano e in lingua originale.

legge valter zanardi
VI ELEGIA
Da tanto, ormai, albero del fico, è un segno per me
come tu quasi salti del tutto la fioritura
e nel frutto maturato a stagione
senza lode insinui il tuo puro segreto.
Come il tubo della fontana, la curva dei tuoi rami
spinge in alto e in basso la linfa: e dal sonno, quasi senza
nemmeno destarsi, balza nella felicità del suo più dolce compirsi.
Vedi, è come il dio nel cigno.
… Ma noi, ahimè, indugiamo
nella gloria della fioritura, e nella tardata intimità
del nostro frutto alla fine penetriamo traditi.
A pochi urge tanto la spinta all’agire
da essere pronti ad ardere verso la pienezza del cuore
se la seduzione al fiorire, come dolce soffio notturno,
alita sulla giovane bocca e sulle palpebre:
gli eroi, forse, o quelli subito destinati a trapassare,
che ad essi il giardiniere La Morte diversamente curva le vene.
Si gettano quelli in avanti: precedono il loro proprio
sorriso, come i destrieri nelle serene figure incavate
di Karnak davanti al vittorioso sovrano.

È stupefacente come l’eroe sia prossimo ai giovani morti.
Non gli importa durare. Già insorge come esistenza e sempre
si muove di qui e procede verso la mutata costellazione
del suo incessante pericolo. Pochi lo troverebbero. Ma
l’improvvisa esaltazione del suo destino, che buio tace di noi,
lo canta nel turbine che rumoreggiando dal suo mondo si leva.
Come lui non odo certo nessuno. E d’un tratto mi attraversa
nel soffio dell’aria il suo tono di tenebra.

Come vorrei allora sottrarmi alla nostalgia:
Oh fossi,
fossi un adolescente, e potessi ancora divenire, e sedere
dentro le braccia dell’avvenire, e leggere di Sansone
e di come generasse sua madre dapprima nulla e poi tutto.

Non era forse eroe già in te, madre, già lì,
non cominciò già in te dunque la sua scelta sovrana?
Mille nel tuo grembo fremevano e volevano essere lui,
ma vedi: lui prese e lasciò -, scelse e poté.
E se spezzò le colonne, avvenne perché irruppe
dal mondo del tuo corpo dentro un mondo più angusto,
dove ancora scelse e poté. O madri di eroi, o sorgente
di fiumi rapinosi! Voi burroni in cui dall’alto crinale
del cuore, gementi, già si lanciarono le fanciulle,
future vittime sacrificali a tale figlio.

Perché l’eroe passò in un turbine per le tappe d’amore,
e ognuna, ogni batter del cuore a lui inteso, lo levava in alto,
già altrove, ferino al termine del sorriso, – altro.

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